Abano dopo Claudio:ora un profondo esame di coscienza

L’ex sindaco di Abano Terme ha ammesso in una memoria difensiva di avere intascato tangenti in tre occasioni, pur rigettando le altre accuse. Intanto il comune termale è commissariato. E se la responsabilità penale è personale, non vi è però dubbio che Luca Claudio in questi lunghi anni abbia raccolto un ampio consenso e costruito un suo sistema, fatto di liste elettorali, candidati, consiglieri, assessori, sostenitori. Allora dobbiamo pur porcela la domanda: al di là dello stile più che discutibile, erano davvero tutti inconsapevoli? Tutti con la testa tra le nuvole? O non serve, oggi più che mai, un profondo esame di coscienza?

Il fatto
Non ha accettato di rispondere alle domande dei magistrati, ma l’ex sindaco di Abano Terme Luca Claudio ha comunque deciso di rompere il silenzio presentando una memoria difensiva che lascia poco spazio ai dubbi.
Claudio ha confermato di avere ricevuto tangenti – attraverso una società fittizia che emetteva fatture per lavori mai svolti – in almeno tre occasioni. Soldi non estorti ma offerti dalle stesse ditte per vincere gli appalti, ha sostenuto, con l’obiettivo di vedersi accusare del più lieve reato di corruzione invece che di concussione. L’inchiesta però è solo agli inizi: sono almeno il doppio di quelli ammessi gli altri episodi contestati, e si indaga anche sulla fitta rete di società riconducibili a Claudio, con patrimoni milionari.
Per due mandati sindaco di Montegrotto, quindi di Abano Terme, due anni fa Claudio pareva pronto a spiccare il volo anche come consigliere regionale, e solo gli avvisi di garanzia recapitati alla vigilia della campagna elettorale fecero recedere dall’intenzione di candidarlo Flavio Tosi. Per quindici anni, facendo leva sul suo essere “fuori dal sistema”, ha rappresentato un unicum nel panorama veneto. Passato ad Abano ha continuato a governare “per interposta persona” Montegrotto, dicendosi nell’ultima campagna elettorale a favore della fusione dei due comuni. Forse, sai tu, con l’obiettivo tra cinque anni di riproporsi per l’ennesimo giro, questa volta come “sindaco delle Terme”.

L’editoriale
Quando. all’indomani dell’ennesima rielezione, il sindaco di Abano Terme Luca Claudio è stato arrestato, abbiamo ritenuto di non scrivere nulla. Eppure qualche sassolino dalla scarpa ce lo saremmo potuto ben togliere, visti i velenosi e volgari attacchi che avevano condito l’esultanza post voto nei confronti dei parroci di Abano e Montegrotto, accusati senza giri di parole di aver fatto campagna elettorale per i “comunisti”.
Non lo abbiamo fatto perché non è nel nostro stile. Perché la gente delle Terme conosce bene la statura morale dei suoi pastori, che non hanno bisogno certo di difese d’ufficio. Ma anche perché la cronaca giudiziaria è materia delicata, che richiede esperienza del codice e quotidiane frequentazioni delle aule di giustizia. E soprattutto perché – con tutto il rispetto dovuto ai giudici – un arresto non è sinonimo di colpevolezza.
Se però la permanenza prolungata in cella e i consigli dei legali aiutano a rinfrescare la memoria, fino ad ammettere almeno una parte delle accuse, qualche riflessione sarà pur consentito farla. Lasciamo da parte le questioni giuridiche: sarà il tribunale a stabilire se Claudio abbia “sollecitato” tangenti in cambio di lavori (reato di concussione) o sia “caduto in tentazione” (corruzione) di fronte alle laute offerte delle aziende interessate ad aggiudicarsi i lavori pubblici. Così come toccherà agli investigatori appurare se le tangenti siano state “solo” tre, o se fosse in vigore da anni un sofisticato sistema di malaffare.
Qui interessa, in primo luogo, il dato politico inteso nella sua accezione più ampia.
Ho avuto l’occasione di moderare uno dei dibattiti elettorali, promosso dalle categorie economiche alla vigilia del voto con tutti i candidati a sindaco dei due comuni, appositamente convocati insieme per riflettere sul futuro dell’intero comparto termale. Doveva essere, nelle intenzioni degli organizzatori, un pacato momento di confronto su temi concreti. E invece… centinaia di persone, un tifo in certi momenti da stadio, la tensione che si tagliava col coltello, continue interruzioni, scambi di urla e di insulti tra i candidati (non tutti, e Claudio su tutti) e parte del pubblico. Un clima da corrida, certo esasperato dal voto ma che altrove – in decine di dibattiti organizzati in questi anni a Padova e in ogni angolo della diocesi – mai ho respirato e che ben testimonia della divisione profonda che attraversa le due comunità.
Se la responsabilità penale è personale, non vi è però dubbio che Luca Claudio in questi lunghi anni abbia raccolto un ampio consenso e costruito un suo sistema, fatto di liste elettorali, candidati, consiglieri, assessori, sostenitori.
Allora dobbiamo pur porcela la domanda: al di là dello stile più che discutibile, erano davvero tutti inconsapevoli? Tutti con la testa tra le nuvole?
Oppure, come ricordava un paio di settimane fa su queste colonne il presidente provinciale delle Acli Gianni Cremonese, se non “tutti” certamente “molti” sapevano? Ma allora, riprendiamo le sue parole perché meglio non si potrebbe dire, «perché chi sapeva non ha parlato? Il tanto declamato senso civico dove è finito? Dove sono i valori delle persone oneste?».
Metabolizzato lo choc per un sindaco “padre padrone” finito in manette, è bene che a queste domande le comunità di Abano e Montegrotto provino a dare una risposta.
La carriera politica di Claudio, almeno ce lo auguriamo, è finita. Sta ai partiti, piuttosto assenti dalla scena termale in questi anni, disegnare nuovi equilibri. Sta alle categorie economiche, all’associazionismo, anche alle nostre comunità cristiane contribuire – ognuno col suo specifico ruolo – a ripensare nel profondo la polis, le ragioni e lo stile della civile convivenza, i valori a cui riferirsi nel pensare il domani.
Siamo certi che sotto traccia, un po’ come l’acqua termale, scorra anche qui un tesoro di passione, altruismo, competenza, amore per la propria comunità che magari in questi anni è affiorato solo a tratti in superficie o è stato contaminato da altre falde meno limpide. È bene che tutti contribuiscano a farlo venire alla luce, perché non possiamo rassegnarci all’idea che Abano e Montegrotto possano essere ridotte nell’immaginario collettivo a luoghi di faccendieri e corruzione.
Non servono scelte manichee, e non è dividendo il mondo in “buoni e cattivi” secondo automatismi stereotipati che ci si avvicina alla soluzione.
Ma non si può nemmeno pensare che un paio di manette ai polsi del sindaco abbiano risolto ogni problema: serve il coraggio necessario a scavarsi dentro per capire dove si è annidato il virus della corruzione ed estirparlo.
Altrimenti, senza un vero esame di coscienza, senza una stagione di rinnovato impegno sui temi morali, sulla partecipazione attiva dei cittadini, su quello che ci siamo abituati a definire il “bene comune”, non basterà certo un commissario a garantire un futuro migliore a quest’angolo straordinario di Veneto.
difesa_popolo 2 settembre 2016 G.Frezza