Voto europeo e priorità dei cattolici
Secondo i dati forniti dalla FBI, tra il 2016 e il 2017 i crimini dell’odio negli Stati Uniti sono aumentati del 17%, da 7.175 a 8.437. Quelli contro gli ebrei hanno avuto un incremento del 37%.
Una situazione che fa ritenere “molto grave” il proliferare in tutta la Nazione – con un costante incremento negli ultimi quattro anni – degli “Hate groups” (i gruppi dell’odio) sorti con l’obiettivo dichiarato di antisemitismo e islamofobia, due sintomi patologici del risorgente nazionalismo bianco, tornato prepotentemente alla ribalta mondiale per l’attacco di sabato alla sinagoga di Poway nel distretto di San Diego in California.
Il responsabile della sparatoria nella sinagoga Chabad, John Earnest (19 anni), facendo fuoco con un AR15 ha urlato: «Gli ebrei stanno rovinando il mondo!» e, davanti agli inquirenti, avrebbe ammesso di essersi ispirato alla strage di Charlottesville in Virginia del 2017 (quando un’auto aveva deliberatamente investito una folla di manifestanti contro un raduno di estremisti di destra uccidendo una donna di 32 anni e dando avvio a violenti scontri tra le opposte fazioni).
La protesta era l’ultima di una lunga serie, andate avanti per mesi, organizzate da neonazisti e da estremisti di destra contro il progetto di rimuovere una serie di monumenti dedicati a figure di spicco sudiste della Guerra civile – quelli che difendevano lo schiavismo, e sostenuti oggi da frange razziste ed estremiste della destra americana – tra cui la statua del generale Lee proprio a Charlottesville.
I pericoli del populismo da non sottovalutare, come ricorda papa Francesco
In questi giorni preelettorali per la nostra Europa, sono molti gli osservatori politici che lanciano l’appello a non sottovalutare – come è stato fatto colpevolmente oltreoceano durante la presidenza Trump – i tanti segnali di chiaro stampo razzista che emergono anche da noi, spesso nell’indifferenza generale.
Un motivo in più per ricordare le parole accorate di papa Francesco ricevendo i membri dei corpi diplomatici il 7 gennaio scorso: «Nella nostra epoca, preoccupa il riemergere delle tendenze a far prevalere e a perseguire i singoli interessi nazionali senza ricorrere a quegli strumenti che il diritto internazionale prevede per risolvere le controversie e assicurare il rispetto della giustizia, anche attraverso le Corti internazionali». La preoccupazione veniva espressa dal pontefice rievocando il «periodo tra le due guerre mondiali», quando «le propensioni populistiche e nazionalistiche prevalsero sull’azione della Società delle Nazioni».
Francesco si dichiarava preoccupato perché «il riapparire di tali pulsioni sta indebolendo il sistema multilaterale, con l’esito di una generale mancanza di fiducia, di una crisi di credibilità della politica internazionale» e di una «progressiva marginalizzazione dei membri più vulnerabili della famiglia delle nazioni».
Ricordando in particolare il suo ultimo Messaggio per la Giornata mondiale per la pace (1° gennaio 2019), sul tema “La buona politica è al servizio della pace”, il papa aveva sottolineato che «alla politica è richiesto di essere lungimirante e di non limitarsi a cercare soluzioni di corto respiro. Il buon politico non deve occupare spazi, ma avviare processi; egli è chiamato a far prevalere l’unità sul conflitto, alla cui base vi è “la solidarietà, intesa nel suo significato più profondo e di sfida”».
Le priorità su cui riflettere da cristiani
È da qui che sembrano essere partiti gli estensori di un appello pubblicato nei giorni scorsi in vista della prossima scadenza elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo di Strasburgo (26 maggio 2019). A firma di una serie di sigle cattoliche legate al MIAMSI (Mouvement International d’Apostolat des Milieux Sociax Indépendants) guidate da Rinascita Cristiana e le sue corrispondenti di Francia, Belgio e Portogallo, insieme ad ACAT Italia (Azione dei cristiani per l’abolizione delle torture) viene diffuso un volantino – quasi un promemoria di indicazioni per il voto – che costituisce un ottimo punto di partenza per la riflessione personale o comunitaria, ammesso che nelle nostre parrocchie se ne parli…
«Per essere fedeli ai nostri impegni di cittadini e di cristiani noi vogliamo fin da ora partecipare attivamente alle prossime elezioni del Parlamento europeo; essere attenti al progetto europeo che i candidati proposti porteranno avanti nei prossimi anni», è l’intento dichiarato fin dalle prime battute, ma subito dopo vengono enunciate alcune “urgenze” (o meglio 8 priorità) su cui si chiede di “insistere” nella consapevolezza della responsabilità di un cristiano per la cosa pubblica e il bene comune:
- «Gestire le Istituzioni europee con una conduzione più democratica e partecipativa. Un’Europa della centralità dei popoli, dei cittadini, della società civile che tenga conto delle esigenze delle persone e delle comunità.
- Mettere al centro delle politiche europee la persona senza che essa sia assoggettata unicamente alle logiche economiche e finanziare.
- Dare maggiore peso e spessore all’educazione ai valori europei, essere attenti ai diritti umani e difendere i diritti sociali come il diritto alla salute, alla famiglia, al lavoro, alla casa. Valorizzare i corpi intermedi e il principio di sussidiarietà.
- Costruire un’Europa capace, secondo la sua tradizione, di essere solidale, accogliente, inclusiva, nel rispetto delle differenze culturali, storiche e religiose.
- Favorire l’apprendimento delle lingue primo strumento di dialogo. Favorire la valorizzazione delle differenti tradizioni culturali e la promozione dello scambio tra culture ed esperienze umane, sociali e lavorative.
- Promuovere l’accoglienza dei migranti e lottare contro tutti i discorsi di odio e discriminazioni di ogni genere. Un’Europa impegnata nella cooperazione internazionale con particolare riguardo a quei paesi e continenti da cui i popoli sono costretti ad emigrare.
- Lottare contro la corruzione e promuovere la giustizia sotto tutte le sue forme.
- Valorizzare il principio di sussidiarietà espresso nella Dottrina sociale della Chiesa per permettere di vivere una vera democrazia dove, attraverso la partecipazione ai corpi intermedi, ciascuno trova il suo posto».
A commento finale un’ulteriore riflessione sul Progetto Europeo, oggi spesso dimenticato un po’ dappertutto dalla propaganda politica tesa piuttosto ad agitare lo spauracchio dell’invasione dei migranti dall’Africa: «Il Progetto Europeo è nato dopo due guerre mondiali ed è stato animato dal desiderio di una pace durevole. In questi sessant’anni molti passi sono stati fatti nella costruzione di un’Europa solidale e attenta ai diritti delle persone e dei popoli: non li possiamo ignorare né dimenticare, né possiamo tornare indietro dimenticando i traguardi raggiunti».
Oltre 742 milioni di abitanti con un’età media attorno ai 42 anni, ma che è destinata a crescere in un futuro assai prossimo (si prevede almeno una media di 46,9 nel 2040), sono i dati dell’Europa di oggi che vede in netta riduzione il numero totale dei suoi abitanti a causa di un calo demografico sempre più evidente che ci condurrà nel 2050 a una popolazione di poco più di 715 milioni di europei (secondo le stime dei dati forniti dalle Nazioni Unite ed elaborati da Worldofmeters, l’invecchiamento dell’Europa è principalmente dovuto ad una diminuzione della fertilità, una diminuzione del tasso di mortalità e una maggiore aspettativa di vita tra le popolazioni europee, il che indurrà difficoltà considerevoli per le spese pensionistiche e sanitario-assistenziali).
Il volantino viene recepito via via nelle diocesi italiane con diverse adesioni che vanno ad aumentare le sigle firmatarie. Solo per fare un esempio, a Firenze se ne sono aggiunte altre 14, tra le più conosciute AC, ACLI, FUCI, MEIC, Forum Toscano per la famiglia, Movimento studenti Giorgio La Pira …
“EurHope” e altri per guardare al futuro d’Europa con speranza
“Un sogno per l’Europa, un impegno per tutti” è il sottotitolo di un volume pubblicato a marzo, per i tipi dell’editrice Ave, con il titolo EurHope, giocando sul termine inglese di “speranza” (Hope). «Alla vigilia delle elezioni è necessario riaccendere i riflettori sui contenuti del Progetto Europeo per rilanciarlo a distanza di 60 anni, sollecitando governi e cittadini ad un di più di speranza e responsabilità» scrivono gli autori – Paolo Beccegato, Michele D’Avino, Laura Stopponi, Ugo Villani –, evidenziando tutte le opportunità di un percorso condiviso negli ultimi anni da parte di Azione cattolica, Caritas italiana, Focsiv e Missio: l’idea di una “Conversazione sull’Europa” per una maggiore comprensione degli scenari (politici, economici, sociali e internazionali) sui quali si gioca il futuro dell’Unione Europea.
Un’iniziativa che si aggiunge a tante altre, in tono minore perché più locali e meno appariscenti dato che autogestite a livello di passaparola-famiglie, ma tutte accomunate da una precisa volontà di far riflettere sulla responsabilità dei cristiani per il bene comune e i valori di fraternità e giustizia, senza dimenticare il recente volume di padre Bartolomeo Sorge sj, fresco di stampa per le edizioni Terra Santa, dal titolo Perché il populismo fa male al popolo. Le deviazioni della democrazia e l’antidoto del “popolarismo” (che sarà presentato martedì 7 maggio a Milano presso l’Auditorium Clerici alle ore 18.00) dove, attraverso le domande della giornalista e politologa, Chiara Tintori, il noto gesuita denuncia la superficialità con cui la politica attuale affronta problemi complessi come l’immigrazione, la povertà e la disoccupazione.
Sulla stessa lunghezza d’onda si era espresso nei giorni scorsi, in un articolo su Civiltà Cattolica, anche monsignor Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente Comece: «L’inizio del XXI secolo sarà importante per la storia delle mentalità. Le paure nell’Europa dei nostri giorni sono molteplici e, ben mescolate, conducono, con l’ascesa dei populismi, a una destabilizzazione delle nostre democrazie e a un indebolimento dell’Unione Europea. Il senso di benessere sembra scomparso e pare abbia dato vita a molteplici paure, che reclamano un’identità europea “cristiana”, pur declinandosi in desideri politici che si rivelano in netta contrapposizione con una prospettiva fondata sul Vangelo».
Per la Chiesa (e quindi i cristiani) – conclude Hollerich – «si tratta di accompagnare questi sogni e queste speranze, con una maggiore consapevolezza che essa non esiste per essere servita, ma per servire. Infine, questo impegno è un’opportunità per la nuova evangelizzazione. Non dimentichiamolo: potremo incontrare Dio solo nel mondo reale». Perché «l’appello è ancora lì per realizzare un’Europa che tenga conto delle sue differenze: differenze che sono un vero arricchimento. La riconciliazione tra l’Europa occidentale e quella centrale non è ancora realizzata. Il dialogo tra europei potrebbe condurre a una nuova libertà».
Un’ulteriore occasione per riflettere (e far riflettere!) tra una proiezione dei risultati e l’altra. Aspettando con speranza e fiducia il 26 maggio: gli Europei hanno ancora un’anima
Settimana 29.4.19 di: Maria Teresa Pontara Pederiva